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07 Lug
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Intervista all'autore - Valerio Scali

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?

È cercare di far conoscere agli altri alcuni miei vissuti che ritengo siano rilevanti per descrivere la mia attività di zoologo ricercatore e insegnante universitario. I vissuti in questione non possono essere raccontati nelle pubblicazioni scientifiche che ne sono derivate, perché queste richiedono solo la comunicazione e la valutazione critica dei risultati. L'emozioni che mi suscita il raccontare gli antefatti e le insolite situazioni sperimentate sono di soddisfazione e contentezza, perché mi piace far sapere quale impegno collaterale mio e dei miei collaboratori ha richiesto il pazzesco lavoro di ricerca notturna degli insetti stecco.



2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?

Molto. Il tipo di ricerca che ho deciso di svolgere di persona ha richiesto di fare dei viaggi disagiati, di curarne la preparazione, di mantenere in vita gli insetti raccolti, di continuare poi per anni la loro analisi in laboratorio, senza spesso poter avere vacanze o weekend... Molti aspetti della mia vita familiare ne hanno ovviamente risentito e sono in definitiva contento che possano trasparire ora dai miei racconti.



3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.

Scrivendo i miei racconti autobiografici ho dato corpo alla promessa fatta ad amici e collaboratori di non far cadere nel dimenticatoio gli episodi che, pur raccontati frammentariamente, li avevano interessati e divertiti un bel po'. Man mano che il libro prendeva forma e cresceva mi sono anche reso veramente conto delle numerose situazioni davvero inaspettate e irripetibili di cui ero stato protagonista; vissute alla spicciolata negli anni non mi avevano nemmeno dato la sensazione di quanto pericolose o divertenti erano state e allora il primo significato della loro scrittura è stato di farmele rivivere e gustare con calma. Devo confessare che lo stile asciutto, quasi incalzante, derivato ai miei racconti dall'abitudine di scrivere lavori scientifici, me li ha fatti piacere anche dopo scritti, così che li ho riletti con gusto più volte.



4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?

Non c'è stata incertezza, mi si è imposto da solo. La prima avventura vissuta in Algeria nell''82 a Biskra mi impressionò così tanto, che mi è venuto spontaneo fin dall'inizio raccogliere i miei racconti sotto il titolo di "C'ètait la pompe", poi cambiato in italiano per una più immediata comunicazione, la frase lapidaria del meccanico che mi fece venire una gran fifa per arrivare a bere la birra. Vedere poi abbattuto uno dei cardini dell'Islam, la proibizione degli alcolici, con una gioiosa naturalezza in un ambiente inimmaginabile, mi ha dato anche il "la" per quanta elasticità avrei dovuto avere incontrando ambienti sconosciuti e di cultura davvero diversa.



5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?

Decisamente ho dei gusti old-fashioned. Oltre al contenuto per me di un libro è importante l'aggancio alla derivazione delle parole, alla loro etimologia e trasformazione. Allora la mia prima scelta è per l'edizione in greco e latino dei 4 vangeli, seguita in maniera inscindibile dalla Divina Commedia. Credo che avrei modo di non annoiarmi nemmeno su un'isola deserta: spunti di riflessione e scoperte sul primitivo significato delle parole mi occuperebbero piacevolmente a lungo.



6. E-book o cartaceo?

Ambedue, mi è bastato considerare che nonostante lo sviluppo delle motociclette e delle macchine, continuano a esistere tuttora le bici per suggerirmi che non c'è conflitto mortale fra i due tipi di mezzo di comunicazione. Certo, sono d'accordo con un commerciante del mio paese d'infanzia, che sentenziava con una certa solennità che, ma per me è progresso anche il non cancellare le acquisizioni del passato. Arricchire l'esperienza senza disconoscere le precedenti.



7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?

L'ho un po' già detto: quando andando avanti con le raccolte degli insetti-stecco in tutto il bacino mediterraneo incontravo nuove situazioni insolite, pericolose o divertenti - come affrontare i 12 mitra spianati delle teste di cuoio greche o sradicare col camper un chiosco intero dal suo basamento a Quesada, in Spagna -le raccontavo a colleghi e amici e questi mi invogliavano a scriverle, io accantonavo al momento l'idea, perché avevo ben altro da fare, ma poi andato in pensione (si fa per dire, dato che continuo seppur a ritmo inferiore a far ricerca) ho trovato la spinta per intraprendere e portare a termine il progetto.



8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?

Mi sembra di aver abbondantemente già risposto a questo quesito. Quello che posso aggiungere è che, forse, col tempo è stato stuzzicato il mio già notevole "ego": quindi l'ulteriore aumento dell'orgoglio per la mia complessiva opera di ricerca, può essere stato la goccia che ha fatto "traboccare il vaso" e farmi concretamente decidere.



9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?

Una piacevole incredulità. Non pensavo davvero che avrei concretizzato il progetto, messo in cantiere solo ipoteticamente, non del tutto convinto della sua fattibilità. Poi, una ciliegia tira l'altra, e l'ho finito. Quando ho avuto questa sensazione, mi sono trovato a dover inviare, con le dovute maniere, il manoscritto ad alcuni editori, contrattare e decidere.



10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?

Alcuni episodi ad un mio professore dell'università di Pisa. Il testo completo, ma da rifinire, l'ho poi inviato a due miei amici pisano/modenesi che non me l'hanno bocciato, anzi mi hanno incoraggiato e così il tutto è proseguito,



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

È un modo moderno di raccontare le favole, quindi molto positivo per invogliare alla conoscenza, ma si deve evitare il rischio di limitare l'informazione a questa unica fonte di informazione accentuando così ulteriormente la pigrizia per assumersi impegni e far fatica. A mio avviso questi tratti esistenziali sono già abbastanza evidenti nei ragazzi. Ma non sono senza speranza: il mio babbo, di fronte a certi miei rifiuti di impegno mi chiedeva e si auto-rispondeva facendomi capire a quale livello di disimpegno ero arrivato: "Infigardia lo vuoi il brodo?" "Sì, se me lo affetti". Io facevo finta di nulla, eppure poi mi sono impegnato nella vita.

 

 

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Lunedì, 21 Agosto 2017 | di @BookSprint Edizioni