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23 Mag
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Intervista all'autore - Saverio Capozzi

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?

La mia vita è meravigliosa, piena di tante cose, e banale al tempo stesso. Come la vita di tutti, penso che l'importante sia il come si vive ciò che ci capita, che forse è più importante dello stesso capitarci, ammettendo che opportunità o amarezze capitino.



2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?

Scrivo quotidianamente al mattino, appena alzato, un tempo variabile che può raggiungere anche qualche ora.



3. Il suo autore contemporaneo preferito?

Domanda dalla difficile risposta, perché classici a parte, sono piuttosto onnivoro nelle mie letture e spesso succede che solo stralci mi colpiscano piuttosto che l'opera intera, passaggi che restano nel ricordo a rappresentare l'intero libro. La risposta secca, dovendo reperire un nome come un altro potrebbe essere Umberto Eco.



4. Perché è nata la sua opera?

Normalmente si scrive un libro per rispondere a questa domanda, nel senso che un buon libro giustifica da sé la propria esistenza e la mia aspirazione è quella di non deludere le aspettative.



5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?

In modo fondamentale credo, non riesco a immaginare che si possa scrivere senza un contesto sociale di riferimento. Nel mio caso specifico, avendo attraversato più contesti diversi fra loro, cerco di mediare quello attuale con tutti quelli che l'hanno preceduto.



6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?

Per quanto mi riguarda e non escludo che possa essere diverso per altri, parto con il voler raccontare la realtà dei miei personaggi che poi evadono con noncuranza dalla mia penna e vivono di vita propria, costringendomi a seguirli nelle loro dinamiche senza che io possa interferire al di là degli aspetti formali.



7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?

Penso che il livello più profondo di quanto si scrive attinga alla biografia dell'autore anche se si tratta di racconti di fantasia, se non si lascia qualcosa di sé in ciò che si scrive, il risultato non può che essere freddo e distante. Essere veri è la base di qualsiasi fantasia.



8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?

Le persone che incontro e che ho incontrato, non necessariamente amori, amici e parenti, anche passanti distratti o commensali per una sera.



9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?

Finire di scrivere un libro è per me, un sentimento: "Ho finito". Poi mi piacerebbe che ciò che ho scritto interessi, susciti reazioni, anche negative, ma tutto ciò che si dirà, so che apparterrà ad un'altra storia, mi tornerà utile in altri frangenti, perché ciò che è fatto, è fatto. Che mia moglie sia invariabilmente la prima persona che legga i miei romanzi appena terminati, direi che sia pura conseguenza geografica. Io non l'ho mai costretta.



10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’e-book?

Guardando il mercato anglo-americano dove l’e-book è una realtà già cospicua, penso che il libro elettronico potrà anche conquistare primati di tutto riguardo, ma il cartaceo resterà oggetto irrinunciabile.



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

Riferendomi ai contesti di cui abbiamo parlato, uno di essi è stato quello di attore professionista e come tale, mi piacerebbe fare, un giorno, l’esperienza di voce narrante. Leggere un libro a qualcuno è un’azione ricca di fascino.


 

 

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