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05 Mag
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Intervista all'autore - Enrico Tasca

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?

Scrivere significa dare sfogo alla fantasia, non avere limiti né temporali né spaziali, è libertà allo stato puro. Per me è stato ed è soprattutto una sfida con me stesso. In vari momenti della mia vita ho iniziato a scrivere, soprattutto racconti, ma per i miei troppi impegni, con conseguente mancanza di tempo, non sono mai riuscito a portare a termine le mie opere. Liberatomi della schiavitù del lavoro e dopo molte sollecitazioni da parte di mia moglie sono finalmente riuscito a completare un romanzo. La più grande emozione è stata entrare a tal punto nei personaggi da me inventati da vederli diventare vivi, reali, come se li avessi conosciuti veramente.



2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?

Sono convinto che sia più semplice descrivere ciò che si conosce piuttosto che, come faceva Salgari, inventare tutto di sana pianta. Quindi il mio libro descrive situazioni ed ambienti che ho conosciuto direttamente. Il mio libro è dedicato al Brasile, dove ho vissuto per molti anni. Un Paese affascinante, pieno di contrasti e di miserie, di magia e di gioia di vivere. Un Paese immenso che si può amare od odiare, ma che non lascia indifferenti. Nel libro ho fatto tesoro delle mie esperienze, molto più positive che negative e ho voluto anche rendere omaggio alle donne brasiliane, che sanno esattamente quello che vogliono e spesso riescono ad ottenerlo.



3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.

Ha significato ricordare un passato molto positivo ed è quindi stato il tentativo di fermare nel tempo momenti di vita vissuta tanti anni fa. Mi è sembrato poi un gesto altruista non tenere i ricordi solo per me, ma dare ad altri la possibilità di partecipare alle mie esperienze.



4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?

Il titolo è venuto fuori quasi da solo, in maniera molto semplice. Il fiume di gennaio è la traduzione di O Rio de Janeiro, così battezzato perché la baia da cui è bagnato è stata erroneamente scambiata per un fiume dai primi esploratori portoghesi.



5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?

Sarebbe un lungo elenco. Forse la trilogia di Wilbur Smith sull'antico Egitto o quella di Ken Follet sul XX secolo. Sicuramente non l'Ulisse di Joyce o simili. Ma forse sarebbe più utile l'elenco del telefono di New York, nel caso servisse della carta per accendere il fuoco.



6. E-book o cartaceo?

Ormai mi sono abituato all'e-book e lo preferisco al cartaceo, perché ritengo che gli aspetti positivi superino di gran lunga quelli negativi.



7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?

Anche se sto scrivendo un altro libro non userei la parola "carriera" ma "hobby". Ho iniziato a scrivere in maniera continuativa e con l'obiettivo di arrivare alla fine quando ho avuto qualcosa da dire e il tempo di mettere nero su bianco le mie fantasie.



8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?

Non sono stato io a scrivere il libro. È stato il libro che era dentro di me a venire fuori piano piano e a farsi scrivere da me. Non ci sono aneddoti. Solo la determinazione di completare un'opera che, senza esserne cosciente, mi portavo dentro da un pezzo.



9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?

Quando ho visto il mio libro stampato ho provato una grande soddisfazione. Ho realizzato da solo anche la copertina e mi sono finalmente sentito l'artefice di qualcosa di concreto e reale.



10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?

Mio fratello. Assieme a mia sorella mi ha dato una mano a correggere le bozze e mi ha dato suggerimenti preziosi.



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

È un argomento che non conosco. Mi viene in mente quando da bambino ascoltavo i racconti trasmessi dalla radio, non essendoci ancora la televisione. Sicuramente per i non vedenti è uno strumento interessante, ma non saprei aggiungere altro. La parola scritta ha comunque un suo fascino.

 

 

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