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20 Ago
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Intervista all'autore - Enrica d'Alò

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?

Scrivere è una parte di me, come suonare. Già da piccola disegnavo piccole story board, o fumetti. Scrivere racchiude la vita passata e presente, ogni scritto rappresenta un'emozione diversa, e alcuni derivano dalla quotidianità.



2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?

Questo libro deriva dalla tesi della mia seconda laurea: vi sono le ricerche scientifiche studiate all'università, con anche le esperienze fatte durante i tirocini sia universitari che non. Molto mi è stato dato dall'esperienza vissuta con una compagnia amatoriale teatrale, sembra strano, ma è così. É un ragazzo con un piccolo sogno molto reale: Rendere umana la sua città. La compagnia si chiama “Dreamers”, di Afragola. Qui ho imparato cosa significa collaborazione, ma anche saper ascoltare.

Ancor di più mi è stato dato da bambini come Pierina, Claretta, Joe, Lucien, e altri ancora, che non chiedevano molto, solo "di aiutarli a far da soli". Un importante esperienza è stata il programma Leonardo da Vinci, in Germania, dove ho lavorato con le associazioni giovanili, soprattutto riguardante il disagio sociale.



3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.

Significa ricordare quegli occhi che parlavano attraverso le lacrime, quel rossore e timore di essere giudicati dai compagni, da educatori, da mamma e papà...Ricordare quelle poche parole: "Aiutami a capire, voglio far felice mamma”. È un mestiere non semplice il docente, bistrattato, non considerato professionista. Il docente istruisce, ma sa ascoltare, si emoziona, soffre in silenzio, e sorride perché da che quel SORRISO è una speranza, anche fosse una goccia in mezzo al mare.



4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?

Non molto, volevo dare una idea semplice, un aiuto per capire che si esiste il modo per aiutare chi ha difficoltà nell'apprendimento. E che non sempre vale la regola della vergogna. E sì perché ci si intimidisce se non si sa leggere. O scrivere. E si finisce con l'essere "svogliati..." Bene e se dicessi che Tom Cruise è dislessico? E ve ne sono altri, c'è solo un modo diverso di apprendere: tutto qui. Questo bisogna insegnare, e se non c'è il computer, c’è l'aiuto del compagno.



5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?

Porterei un libro di fiabe e favole da condividere con gli animali del posto. Chissà, magari incontro i folletti o gli gnomi di Biancaneve.



6. E-book o cartaceo?

L'e-book può essere utile ma non per sempre. Il cartaceo rimane, e funziona senza elettricità. Ho letto "La solitudine dei numeri primi” in tre notti e tre giorni, cartaceo. Per leggere invece un libricino di poche pagine ma e-book, ho messo, una settimana: si stancavano gli occhi. Però ai miei alunni serve di più l'e-book, e l'audiolibro è una risorsa preziosa.



7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?

Carriera? Oh no. Non penso che lo sarà, non per ora almeno. Mi piace dare un contributo per qualcosa in cui credo.



8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?

Una piccolina esce da scuola e abbraccia il nonno. La nonna si avvicina a me, tirocinante e sussurra: "La Ciccia non è che non sa leggere, vede onde al posto dei segni, proprio come me". Era il suo modo di chiedere aiuto, ero tirocinante ad Urbino, e quegli, occhi mi hanno sempre sorriso.



9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?

É molto gradito.



10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?

La mia professoressa.



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

Un'opportunità che dovrebbe essere piuttosto sviluppata a scuola e nella società.

 

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