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10 Mar
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Intervista all'autore - Giovanni Bertini

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?

Catarsi, le riassume tutte (le emozioni). Iniziando dall’antica Grecia, che significava purificarsi dalle contaminazioni (della vita, dico io oggi). Ma secondo un concetto delfico, una sensazione religiosa o meglio mistica che si trasforma (sublima?) in ispirazione artistica. Per Pitagora, era il liberarsi dall’irrazionale; perciò la scrittura, razionale o irrazionale, ci concilia col mondo fuori da noi, ovvero con la realtà. Infine, scrivere per me è convivere con le passioni.



2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?

Molto c’è della mia vita. Sì, malgrado il libro sia principalmente ambientato nel vecchio mondo in una nazione dell’Europa, l’Italia, e in quello nuovo in America, nella prima colonia inglese del Massachusetts, nel Seicento.




3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.

Significa una offerta di scuse al mio vecchio professore d’italiano, alle scuole superiori. L’ultimo anno di scuola, nella mia tesina, scrissi una farsa: “Renzo il Tonto e Lucia la Bigotta” di Alessandro Minchioni, in odio all’autore dei Promessi Sposi. Il mio professore, che negli anni precedenti aveva premiato i miei temi con altrettanti libri che io mai lessi, si “adontò” e proclamò ai suoi colleghi che io “colpevole di vilipendio e lesa maestà sarei stato indiscutibilmente bocciato”.



4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?

Scelta semplicissima. “I Promessi Sposi e La Lettera Scarlatta” con questo romanzo storico pensai che avrei ricompensato la delusione del mio affranto professore nei miei confronti. La mia storia e il suo svolgimento, unica nella letteratura italiana e anglo-americana, forse avrebbe acceso un ulteriore cero all’Olimpo dei Grandi Autori della letteratura mondiale.



5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?

Anche qua nessun dubbio. “Storia di Roma” di Indro Montanelli. Con questo libro, quello sui greci, e le decine che scrisse sull’Italia per “non acculturati”, imparai quali sono le radici della mia gente, chi sono gli italiani e anche, in parte, me stesso. Il suo limpido e diretto stile, assieme a quello del Manzoni, mi hanno aiutato e ispirato a scrivere.



6. E-book o cartaceo?

Ambedue. Di molti libri ho le due versioni, cartacei e digitali, che sono complementari. Al piacere di sfogliare il mio libro, di annotarlo, “orecchiettarlo”, annusarlo (anche quello, sì); con il digitale, in più, posso, oltre a cliccare sulle parole della quale voglio la definizione, cercare un riferimento, come un personaggio o anche un qualsiasi termine che non ho alcuna idea in quale parte del libro si trovino.



7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?

Mah, dopo 41 anni di lavoro, di cui 30 dedicati a una attività che amai profondamente e che non mi distrasse e stimolò a cercare altre occupazioni altrettanto impegnative, infine, mi ritirai. A una piacevole sensazione di libertà, di fine della competizione, della ricerca di un reddito, della insicurezza dell’avvenire, a un certo punto, non riuscii più a distogliermi dal pensiero che stavo percorrendo l’ultimo tratto e Lei mi attendeva. Il pretesto dell’incidente scolastico e il ricordo dei miei premiati temi, a 74 anni, mi risolse a fare un lavoro creativo, d’artista, di produrre qualcosa con il mio ingegno. Scrissi due libri, il secondo, sui due libri italiani e americani, arrivò finalista a Sanremo. La targa celebrativa che mi diedero e il pass che mi appesero al collo, attestavano che ero un artista, uno scrittore. Feci come Moliere, continuai nella mia attività, e spero che quando Lei arriverà, io la scambierò per uno dei miei personaggi e chiamerò: Sipario!



8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?

L’aneddoto, di quando tradii la fiducia del mio professore, l’ho raccontato nella terza domanda. Quando nacque l’idea? L’anno scorso a 74 anni.



9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?

Felicità, commozione, amore. Penso che queste emozioni assomiglino a ciò che si prova alla nascita di un figlio, che io e mia moglie, non potemmo mai avere.



10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?

Una mia vecchia e cara amica. Ha dedicato la sua vita alla famiglia e al lavoro. Le sue rare letture sono libri gialli, dubitai di poterla interessare a un romanzo storico. Quando la incontrai mi disse con gli occhi che le luccicavano: Mi ha acchiappato. Me la scrivi la storia della mia vita? Non chiesi altre opinioni.



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

Quale frontiera? Ah sì, l’audiolibro. Il suo ascolto, penso che possa interessare, quasi esclusivamente, persone che sono impegnate in attività automatiche e ripetitive. Non è il mio caso.


 

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