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28 Set
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Intervista all'autore - Francesco Fornari

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?

Mi è sempre piaciuto scrivere, fermare sulla carta i miei pensieri, le mie emozioni. Fin da piccolo, studente alle medie, ho desiderato fare il giornalista per poter vivere in prima persona le storie nel momento in cui avvenivano e raccontarle ai lettori. Essere testimone del mio tempo, vedere in prima persona, diventare in qualche modo coprotagonista dei fatti della vita, della storia del mondo.



2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?

Molto. In realtà sono riflessioni su alcuni fatti che ho seguito come giornalista. Forse non i più importanti, di certo quelli che mi hanno lasciato un ricordo. Fatti e persone: la bellissima libanese Afrodite, per esempio, è l'immagine positiva della vita che si contrappone alla piccola eritrea senza nome che è morta fra le mie braccia, vittima di una guerra atroce. Così come le folli spese dell'incoronazione di Bokassa, imperatore del Centrafrica, si contrappongono alla miseria dei morti per Ebola in Zaire.



3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.

Ho cercato di far conoscere quanto sono inutili, crudeli, assurde le guerre. Rivivendo alcuni dei tanti conflitti che ho seguito come inviato di guerra ho cercato di spiegarne l'assurda malvagità. Guerre combattute sul campo da fanatici in nome di un dio crudele o da mercenari per un pugno di dollari. Guerre volute da uomini privi di scrupoli per assicurarsi il potere, il dominio. La ricchezza. Senza alcun rispetto per la vita umana. Ma ho cercato anche di raccontare la vita dell'inviato che al lavoro deve sacrificare la propria vita privata, sempre pronto a partire, con la valigia accanto al letto. Ogni giorno in un posto diverso per storie differenti: dal fasto di un matrimonio reale ad un lungo viaggio in auto dall'Europa all'India. Dal massacro di un'intera popolazione, Ruanda, alla scalata del Chilimangiaro. Fino al momento del riposo, in Africa, sulle tracce dei nostri primogenitori.



4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?

Avevo in mente un titolo che però, mi fu fatto notare, era già stato usato. Perciò ho trovato un compromesso mantenendo la parola chiave, ovvero "Testimone".



5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?

Sono tanti, in particolare Ernest Hemingway: leggendo i suoi libri quando avevo tredici anni ho desiderato e deciso di diventare giornalista. Comunque un libro che rileggo sovente è "Antologia di Spoon River"di Edgar Lee Masters, il cantore della morte che dalle epigrafi incise sulle lapidi di un cimitero traccia la storia delle vite vissute.



6. E-book o cartaceo?

Per me il libro cartaceo esercita un grande fascino: il fruscio dei fogli accompagna la lettura. Mi rendo conto comunque che gli e-book sono molto comodi: specialmente viaggiando, seduti su una poltroncina in aereo o in treno, è molto più agevole leggere il libro elettronico.



7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?

Non ho deciso di diventare scrittore: scrivere è stato il mio lavoro per oltre trent'anni, in seguito vivendo in Africa, a contatto con una natura ancora incontaminata, quasi all'origine del mondo, mi sono trovato a rivivere certi momenti della mia carriera lavorativa e ho incominciato a fermare i pensieri sulla carta. Così è nata l'idea di farne un libro.



8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?

Ad essere sinceri l'idea è nata un giorno durante un safari solitario in Kenya, nel lodge Shompole dove le stanze per gli ospiti sono realizzate nella foresta, senza pareti, senza porte: quando si è all'interno, si conficca una lancia Masai nel sentiero d'ingresso: questo significa che la "stanza" è occupata. Ci ero andato, solo, su indicazione di un'amica: donna bellissima e irraggiungibile. Pensando a lei mi sono messo a scrivere... e poi ho continuato.



9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?

La stessa emozione che ho provato quando ho visto pubblicato sul mio giornale il mio primo servizio con la mia firma.



10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?

Una cara amica e collega che col suo entusiasmo mi ha sollecitato a proseguire.



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

Piacerà molto ai pigri. Io ritengo che un libro non lo si apprezza soltanto leggendolo ma si gusta il piacere tattile dello sfogliarlo. Non so quanto mi darebbe piacere sentirlo raccontare da una voce anonima, magari mentre faccio la doccia... Leggere un libro significa anche concedersi del tempo per se stessi, per il proprio piacere. Per rilassarsi ed imparare.



 

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