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21 Gen
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Intervista all'autore - Salvatore Laudani

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?

E' una vocazione innata, che ben presto è diventata un piacere. A scuola il giorno del tema in classe d'italiano era come un giorno di festa ed ero impaziente di conoscere l'argomento da trattare. Naturalmente i consensi che ricevevo mi gratificavano e mi stimolavano a coltivare la dote innata. Nello scritto esprimo me stesso; forse divento ancora più sincero, incisivo, coraggioso e spiritoso di quanto non sia parlando. Lo scritto ha l'enorme pregio di poter essere riletto, aggiustato, modificato.

E poi si sa: "scripta manent". Infatti ho spesso usato la forma scritta per comunicare in tante occasioni in cui gli altri preferiscono il telefono o l'incontro dal vivo. Così posso aggiustare le parole e chiarire i pensieri; mentre i destinatari possono anch'essi essere più concentrati su ciò che voglio dir loro. Inoltre chi non sa scrivere nutre nei confronti di chi lo sa fare una sorta di rispetto, di timore riverenziale e una malcelata ammirazione (ciò accade maggiormente negli uffici). Scrivere dà un vantaggio impareggiabile: non si può essere interrotti dalle persone maleducate, arroganti, prevaricatrici. Infine è fantastico poter esercitare la fantasia.



2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?

Si dice che in qualsiasi libro (di narrativa) vi è sempre qualcosa di autobiografico. Io finora ne ho scritti 3 , di cui 2 pubblicati. Questo pubblicato con Book Sprint è il 2° dei 2. Ebbene in tutti e 3 vi è molto della mia vita: con parti assolutamente autentiche ed altre inventate: per riservatezza, per pudore, per banalità del reale o per il semplice piacere d'inventare e di usare quella meravigliosa cosa che è la fantasia, l'inventiva, il sogno. In questo libro vi è parte della vita mia e quella di altre persone. Soprattutto della mia compagna di cammino terreno. La "folgorazione" è stata quella di intrecciare la nostra vita reale con quella , evidentemente immaginata, di persone che esistono (o sono esistite) , ma che non abbiamo mai conosciuto.



3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.

Oltre al piacere di scrivere che in me è sempre presente e che è diventato quasi una ragione di vita da quando sono praticamente invalido, ho voluto celebrare l'esistenza di una persona straordinaria: mia moglie. quando ho iniziato a scrivere l'opera pensavo anche che avrebbe potuto stimolare la promulgazione di provvedimenti legislativi più aderenti alla realtà attuale nelle norme riguardanti le adozioni ; in particolare nei casi di abbandono del neonato con rinuncia alla patria potestà da parte dei genitori naturali. Ho di recente saputo che una sentenza del 2013 ha aperto uno spiraglio nel poter chiedere notizie a fini ben precisi. Esempio più evidente: voler conoscere notizie su malattie ereditarie. Naturalmente resta l'anonimato e il divieto di conoscersi. Scrivere quest'opera è stato per me anche un voler sensibilizzare a un problema sociale importantissimo e di vaste dimensioni. Oggi non esiste medico che non chieda a un paziente notizie anamnestiche sull'ereditarietà dei disturbi lamentati. Resta però il problema , forse irrisolvibile, della possibile consanguineità fra figli di persone adottate e i loro partner.



4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?

Il problema del titolo è quello di non essere banale. Io sono passato dal vuoto totale all'illuminazione improvvisa, sulla quale non ho avuto dubbi.



5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?

Come libri preferirei conoscere meglio Kundera. Come persona preferirei Fernando Savater. Il perché è che questi scrittori uniscono la narrazione a problematiche psicologiche senza le quali non provo gusto a leggere.



6. E-book o cartaceo?

Sicuramente cartaceo (a prescindere da qualche problema tecnico sull'isola...)



7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?

Non sono scrittore e mi resta troppo poco tempo per diventarlo. Sono nato con la passione per la scrittura. Da pensionato ho avuto un po' più tempo sia per scrivere che per tentare di pubblicare.



8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?

Ripeto quanto già detto nella risposta alla domanda n.3, che preferisco lasciare. Mia moglie è figlia adottiva ed è stata abbandonata in orfanotrofio appena nata, col vincolo giuridico di rinuncia assoluta alla patria potestà e quindi alla possibilità di avere alcuna notizia l'una dell'altra con la madre naturale. Con i genitori adottivi ha avuto una vita più che normale e non ha mai avuto se non la generica , comprensibile curiosità di conoscerla. Le cose sono un po' cambiate quando, in occasione di visite mediche, tutti i medici le chiedevano notizie sulla esistenza di uguali malattia nella famiglia. Lei risponde sempre: "Sono figlia adottiva; quindi sono a sorpresa, come un uovo di Pasqua". Un altro motivo-aneddoto è sorto con i primi amori dei nostri figli, che le hanno atto fatto pensare (lei è Biologa) all'eventualità di unirsi con persone consanguinee sconosciute dai ns. figli come tali.



9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?

Una bella gioia, una grossa soddisfazione, il coronamento di un piccolo sogno e forse ancor di più di un lavoro al quale ci si è dedicati con passione.



10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?

Nel mio caso ho dato una bozza a mia moglie , poiché per delicatezza dovevo chiederle ill consenso a pubblicare cose sue molto intime. Poi ho voluto il parere di una mia ex-collega d'ufficio.



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

Non ne penso niente , ma credo che non lo userò mai. A meno che non diventassi cieco.  

 

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Venerdì, 23 Gennaio 2015 | di @BookSprint Edizioni

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